Panel 8 – Equilibri mediterranei, terrorismo internazionale e questioni energetiche: l’Italia e la Libia di Gheddafi tra guerra fredda e globalizzazione.

Presidente: Federico Cresti, Università di Catania.

Discussant: Bruna Bagnato, Università di Firenze.

Relatori:

  • Luca Micheletta, Università di Roma ‘La Sapienza’, La politica estera italiana e la Libia di Gheddafi;
  • Massimo Bucarelli, Università del Salento, Tra solidarietà atlantica e interessi mediterranei: l’Italia e il problema del sostegno libico al terrorismo internazionale;
  • Silvio Labbate, Università del Salento, L’ENI, l’Italia e la difficile collaborazione petrolifera con Gheddafi;

Abstract

La special partnership con la Libia rivoluzionaria di Gheddafi è stata uno degli aspetti più importanti della politica estera dell’Italia repubblicana. Geopolitica, sicurezza reciproca, approvvigionamento energetico, interscambio commerciale e, infine, migrazioni, hanno dato vita a un complesso di problemi di difficile soluzione, poiché interconnessi con questioni che andavano al di là della dimensione bilaterale, investendo anche problemi di carattere globale.

Numerose furono le criticità che caratterizzarono i rapporti dei governi italiani con il regime libico nell’ultima fase della guerra fredda: la salvaguardia degli interessi strategici ed economici, il bisogno di tutelare le migliaia di lavoratori italiani in Libia e l’esigenza di gestire la complicata eredità coloniale, con l’insistente richiesta di Gheddafi di risarcimenti per i danni subiti dalle popolazioni libiche. Ad esse si aggiunsero difficoltà esogene: il sostegno libico al terrorismo internazionale e il progressivo isolamento del paese nordafricano ad opera soprattutto degli Stati Uniti, impegnati nell’attuazione di ritorsioni politiche, economiche e militari, culminate nel bombardamento di Tripoli e Bengasi. Per il governo italiano e per chi in quel torno di tempo ebbe a lungo la responsabilità di dirigerne la politica estera, tentando di coltivare sempre con pazienza e impegno il dialogo con i vicini libici, divenne impossibile rimanere in equilibrio tra la solidarietà nei confronti dell’alleato statunitense e la tutela degli interessi italiani nel Mediterraneo; nonostante i tentativi di mediazione messi in campo dalla politica italiana, l’allineamento a Washington fu quasi inevitabile con conseguente raffreddamento delle relazioni con Tripoli.

Dopo un periodo di necessaria e inevitabile decantazione, segnato da non poche complicazioni in campo economico e commerciale, Italia e Libia tornarono a dialogare fino ad arrivare a un’intesa complessiva, quella del 1991, in grado di superare gli elementi di contrasto e rilanciare i rapporti di amicizia e collaborazione in ogni settore della cooperazione bilaterale. L’accordo del 1991, esito finale della paziente e incessante opera di mediazione della politica italiana, pose le basi per i successivi importanti passi sulla via della piena riconciliazione: il Comunicato congiunto sottoscritto dai ministri degli Esteri, Lamberto Dini e Omar Muntasser, nel 1998, e il Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione, firmato nel 2008 da Gheddafi e dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, con i quali, oltre a dare ampia e completa sistemazione ai vari problemi presenti nelle relazioni bilaterali, si consolidavano definitivamente le relazioni politiche ed economiche tra l’Italia e la Libia di Gheddafi.


Interventi

Luca Micheletta: La politica estera italiana e la Libia di Gheddafi

La relazione si propone di analizzare la politica estera italiana e la Libia dalla rivoluzione di Gheddafi al Trattato bilaterale del 2008, rintracciando i momenti più significativi e le linee di continuità. Fin dall’affermazione della nuova leadership libica, la politica estera italiana dovette confrontarsi con una serie di questioni nuove che toccavano sia i rapporti bilaterali tra i due paesi, sia il più generale equilibrio mediterraneo. Sul piano bilaterale, Gheddafi aprì il capitolo fino ad allora inedito nella storia internazionale del risarcimento preteso dall’Italia per le sofferenze patite dai libici durante il periodo coloniale e nazionalizzò l’industria petrolifera, obbligando a rivedere l’intero assetto degli interessi economici delle compagnie petrolifere, compresa l’ENI; sul piano internazionale, eliminate le basi militari americana e inglese, e sovvertito il collocamento occidentale della Libia, assunse un atteggiamento di forte critica anti-imperialista e anti-occidentale, militando nel campo dei non allineati e sostenendo il terrorismo internazionale e il nazionalismo palestinese contro Israele. Per il governo di Roma, insomma, si trattò non solo di salvaguardare gli interessi energetici nazionali in Libia, cruciali per il fabbisogno italiano, ma anche di mantenere il dialogo con un paese confinante che metteva costantemente in crisi la stabilità politica e gli assetti strategici della riva meridionale del Mediterraneo.

Massimo Bucarelli: Tra solidarietà atlantica e interessi mediterranei: l’Italia e il problema del sostegno libico al terrorismo internazionale

Oggetto della relazione, basata essenzialmente sull’esame della carte Andreotti, è lo studio di una fase particolarmente critica della politica estera italiana, costretta a confrontarsi con lo scontro libico-statunitense di metà anni Ottanta causato dal sostegno di Gheddafi al terrorismo internazionale. L’escalation della crisi tra Washington e Tripoli, culminata negli scontri militari del Golfo della Sirte, nel bombardamento di Tripoli e Bengasi e nel lancio dei missili libici su Lampedusa, danneggiò le iniziative politiche ed economiche condotte dall’Italia in Libia. Per il governo italiano divenne sempre più complicato rimanere in equilibrio tra la solidarietà nei confronti dell’alleato statunitense, principale vittima degli attacchi terroristici, e la tutela degli interessi italiani nel Mediterraneo, rappresentati non tanto dagli scambi commerciali, dai legami economici e dalla dipendenza energetica, quanto dalla necessità di preservare la stabilità nella regione e impedire che la radicalizzazione delle tensioni politiche ai propri confini potesse avere sviluppi imprevedibili e forieri di più gravi minacce. La politica italiana fu spinta, suo malgrado, a compiere una scelta di maggiore fermezza nei confronti del regime di Tripoli. Il risultato non fu la rottura dei rapporti tra i due paesi, ma piuttosto un raffreddamento a livello politico e una serie di complicazioni in campo economico e commerciale, a cui fu complicato porre rimedio nel breve e medio periodo.

Silvio Labbate: L’ENI, l’Italia e la difficile collaborazione petrolifera con Gheddafi

La Libia – come è noto – è sempre stata al centro degli interessi energetici dell’Italia: un’importanza strategica che ha rappresentato una costante dell’atteggiamento della penisola verso il regime sorto all’indomani della deposizione di re Idris del 1° settembre 1969. Ciò continuando una tradizione già ben consolidata dalle azioni messe in campo dall’ENI e, prima ancora, dalla numerosa presenza italiana figlia della colonizzazione. Una densa ragnatela di relazioni continuamente in bilico nel corso degli anni a causa della personalità complessa e mutevole di Gheddafi, ma, allo stesso tempo, assolutamente importante per via della notevole carenza italiana di fonti primarie in grado di produrre energia. Una necessità che le crisi petrolifere degli anni Settanta contribuirono ad accrescere sempre di più, ponendo Palazzo Chigi nella faticosa condizione di dover affinare l’arma diplomatica di fronte alle reiterate provocazioni lanciate dal leader arabo. La relazione si propone pertanto di ripercorrere i passaggi chiave di questa difficile liaison dal punto di vista delle questioni petrolifere, approfondendo gli eventi complicati degli anni Ottanta e analizzando gli interessi energetici dell’Italia nel paese nordafricano anche dopo il rovesciamento della Giamahiria. Il tutto avvalendosi della documentazione archivistica presente nell’Archivio Giulio Andreotti e nell’Archivio Storico dell’ENI.


Note curriculari dei partecipanti

  • Federico Cresti è professore ordinario e ha insegnato Storia e Istituzioni dell’Africa presso l’Università di Catania e Sistemi sociali e politici dell’Africa presso l’Università di Roma La Sapienza. Tra le sue numerose pubblicazioni, si segnalano i volumi: Oasi di italianità. La Libia della colonizzazione agraria tra fascismo, guerra e indipendenza (1935-1956), (SEI, 1997); Non desiderare la terra d’altri. La colonizzazione italiana in Libia, Carocci, 2011; Storia della Libia contemporanea (Carocci, 2012, 2015), con M. Cricco; Gheddafi. I volti del potere (Carocci 2011), con M. Cricco. Ha curato di recente Minoranze, pluralismo, Stato nell’Africa mediterranea e nel Sahel (Aracne 2015).
  • Bruna Bagnato insegna Storia del sistema internazionale e Storia della politica estera italiana presso la Scuola di Scienze politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze. Si è prevalentemente occupata della politica estera italiana nel secondo dopoguerra, con particolare riferimento ai rapporti con la Francia nelle dinamiche mediterranee e europee (Vincoli europei echi mediterranei. L’Italia e la crisi francese in Marocco e in Tunisia 1949-1956, 1991; Storia di un’illusione europea. Il progetto di unione doganale italo-francese, 1995); all’evoluzione delle relazioni politiche e economiche con l’Unione Sovietica negli anni di Khrushchev (Prove di Ostpolitik. Politica e economia nella strategia italiana verso l’Unione Sovietica 1958-1963, 2003); alla politica estera dell’Eni di Mattei nel Maghreb (Petrolio e politica. Mattei in Marocco, 2004); alla posizione dell’Italia sulla guerra d’Algeria (L’Italia e la guerra d’Algeria 1954-1962, 2012; L’Italie et la guerre d’Algérie, 1954-1962, 2016).
  • Luca Micheletta insegna Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università Sapienza di Roma e presso la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Ha pubblicato saggi e monografie sulla storia della politica estera italiana. Ha di recente curato con F. Lefebvre D’Ovidio, Giulio Andreotti e l’Europa (Edizioni di Storia e Letteratura, 2017), e con L. Riccardi, La politica della pace. La Società delle Nazioni tra multilateralismo e balance of power (CEDAM 2016). Ha inoltre curato, sulla Libia, Andreotti, Gheddafi e le relazioni italo-libiche (Studium, 2018), con M. Bucarelli; Riflessioni sulla crisi libica del 2011 (Sapienza Università Editrice, 2017); L’Italia e la guerra di Libia cent’anni dopo (Studium 2013) con A. Ungari.
  • Massimo Bucarelli insegna Storia delle Relazioni Internazionali e Storia dell’Integrazione Europea presso il Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo, dell’Università del Salento. Ha pubblicato saggi e monografie su alcuni aspetti e problemi della politica estera italiana nel Novecento, con particolare riferimento all’azione internazionale dell’Italia verso le regioni mediterranee e balcaniche, e alle strategie attuate dall’ENI in Medio Oriente. Sulla Libia, ha curato insieme a L. Micheletta: Andreotti, Gheddafi e le relazioni italo-libiche (Studium, 2018). Sull’attività internazionale dell’ENI, ha curato con S. Labbate: La fine dell’età dell’oro. L’ENI e le crisi petrolifere (1973-1979), (“Nuova Rivista Storica”, 2014 n. 2, numero monografico).
  • Silvio Labbate è ricercatore presso il Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’uomo dell’Università del Salento. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia delle relazioni internazionali presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Si è occupato di guerra fredda in Medio Oriente, con particolare riferimento alla questione dei petroldollari, alla politica energetica italiana e al dialogo euro-arabo. È autore dei volumi: Il governo dell’energia. L’Italia dal petrolio al nucleare (1945-1975) (Le Monnier-Mondadori, Firenze, 2010) e Illusioni mediterranee: il dialogo euro-arabo (Le Monnier-Mondadori, Firenze, 2010); ha curato Al governo del cambiamento. L’Italia di Craxi tra rinnovamento e obiettivi mancati (Rubbettino, Soveria Mannelli, 2014); ha scritto saggi e recensioni per diverse riviste tra cui «Clio», «Ventunesimo Secolo», «Nuova Rivista Storica», «Storia e problemi contemporanei», «European Review of History» e «Journal of European Integration History».