Panel 3 – La difficile costruzione del regime di non-proliferazione nucleare negli anni Settanta: i casi di Stati Uniti, Italia e Brasile.

Presidente: Giuliano Garavini, New York University, Abu Dhabi.

Discussant: David Burigana, Università di Padova.

Relatori:

  • Giordana Pulcini, Università Roma Tre, l’INFCE, la politica di non-proliferazione dell’amministrazione Carter e l’Italia;
  • Leopoldo Nuti, Università Roma Tre, L’Italia come stato soglia? La problematica ratifica del TNP;
  • Carlo Patti, Universitá Federale di Goiás, La corsa del Brasile verso l’arricchimento dell’uranio (1953-1987);

Abstract

La firma del Trattato di Non-Proliferazione (TNP) fu il risultato di un lungo e complesso negoziato che coinvolse l’intera comunità internazionale. Il trattato, per molti versi il frutto delle trattative bilaterali tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, fu ostacolato e, in alcuni casi, apertamente contestato da molto degli altri paesi interessati. Per questo motivo, negli anni successivi la costruzione di un regime di non-proliferazione credibile e universalmente accettato fu molto controversa. Cercando di colmare il vuoto di una letteratura che ha quasi del tutto ignorato l’ambiguità di questo processo, il panel ricostruirà la difficile e problematica creazione di un sistema di regole e istituzioni condivise che potessero garantire un’ampia applicazione del TNP e limitare efficacemente la diffusione incontrollata di tecnologie e materiali con applicazioni nell’ambito del nucleare. Verranno presi in considerazioni tre casi di studio: gli Stati Uniti, promotori, se pur in maniera equivoca, del regime di non proliferazione; l’Italia che esitò a lungo prima di ratificare il TNP, e cercò ripetutamente di verificare in che misura fosse possibile adottarne un’interpretazione estensiva; e il Brasile, che del trattato fu un netto oppositore, e che tentò ancora più scopertamente di aggirare i limiti imposti dal regime.

La prima relazione si concentrerà sugli Stati Uniti. Dopo il test atomico indiano del 1974 il governo statunitense dedicò una crescente attenzione alla possibilità di imporre degli stretti controlli sulla diffusione internazionale del ciclo del combustibile nucleare. Questo tentativo, perseguito in maniera ambigua perché in contrasto con altri interessi internazionali, spinse l’Amministrazione Carter a promuovere la International Fuel Cicle Evaluation (INFCE), causando tensioni con alcuni alleati europei, come ad esempio l’Italia.

La seconda si occuperà invece dell’ostilità dell’Italia nei confronti del TNP, generata dal timore che la firma del trattato potesse confinarla perennemente in un ruolo secondario rispetto alle potenze nucleari. Per questo motivo, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, il governo italiano cercò di potenziare il proprio status di potenza non nucleare tramite manovre politiche (dilazione della ratifica del TNP) e iniziative nel campo dello sviluppo della tecnologia nucleare (l’arricchimento dell’uranio. l’acquisto di uranio privo di safeguards e la propulsione nucleare navale).

La terza relazione ricostruirà lo sforzo del Brasile per raggiungere la capacità di arricchire uranio, concentrandosi in particolare sugli anni Settanta. In questo periodo il Brasile, che non firmò il TNP fino al 1998, perseguì una politica nucleare autonoma che mise in discussione la costruzione del regime di non proliferazione. Il caso dell’arricchimento dell’uranio rappresenta un esempio dei tentativi del governo brasiliano di forzare le costrizioni imposte dal regime allo sviluppo di capacità nazionali nell’ambito dello sviluppo di tecnologie nucleari e del controllo del ciclo del combustibile.


Interventi

Giordana Pulcini: L’INFCE, la politica di non-proliferazione dell’amministrazione Carter e l’Italia

La International Fuel Cycle Evaluation (INFCE) fu un’iniziativa avviata dagli Stati Uniti nell’Ottobre del 1977 allo scopo di promuovere un dialogo multilaterale sui rischi della diffusione delle tecnologie legate alla produzione di energia nucleare per scopi pacifici. l’INFCE coinvolse più di 60 nazioni tra i fornitori e acquirenti di tecnologia e combustibile nucleare. Basato su fonti d’archivio statunitensi e italiane, questo lavoro ha lo scopo di esaminare le resistenze di alcuni paesi europei al tentativo dell’Amministrazione Carter di utilizzare l’INFCE come uno strumento per indurre gli alleati ad allinearsi con la propria politica di non-proliferazione. Alla fine degli anni Settanta il governo statunitense cercò di rafforzare il regime attraverso l’imposizione di limitazioni alla diffusione delle tecnologie e al commercio dei combustili nucleari, generando tensioni con gli Europei. Questo studio si concentra sulle reazioni dell’Italia, un caso emblematico dell’insofferenza europea nei confronti della politica degli Stati Uniti. Temendo che nuove regole sul controllo internazionale del ciclo del combustibile nucleare avrebbero potuto danneggiare il programma civile italiano e ostacolare la sua capacità di entrare nel mercato come supplier, l’Italia si impegnò attivamente per coordinare la posizione degli europei e del Giappone allo scopo di contenere le aspettative statunitensi nei confronti dell’INFCE.

Leopoldo Nuti: L’Italia come stato soglia? La problematica ratifica del TNP

Sin dalla metà degli anni ’50, la risposta italiana alla crescente importanza attribuita alle armi nucleari nelle relazioni internazionali si era basata sull’aspirazione a raggiungere uno status di parità con gli altri stati dell’Europa occidentale. Di conseguenza, alla fine degli anni Sessanta l’Italia adottò un atteggiamento particolarmente ostile nei confronti del Trattato di Non-proliferazione nucleare (TNP), la cui ratifica si rivelò tra le scelte di politica estera più difficili dell’intero dopoguerra. In questo saggio si mettono a fuoco in particolare le iniziative adottate dal governo italiano tra la firma (1969) e la ratifica (1975) del trattato, sia per dilazionare indefinitamente la ratifica del TNP sia per potenziare lo status dell’Italia in settori quali l’arricchimento dell’uranio e la propulsione nucleare navale, Di fronte alle crescenti pressioni di alcuni dei suoi principali alleati il governo italiano fu però costretto a ratificare il trattato nel maggio del 1975. Come spiega la letteratura sulla latency, tuttavia, questo caso di nuclear reversal non può essere definito come un passaggio netto ma va visto come un abbandono molto graduale delle precedenti aspirazioni: solo così si possono capire alcune iniziative che continuarono ad essere attuate persino dopo la ratifica del TNP.

Carlo Patti: La corsa del Brasile verso l’arricchimento dell’uranio (1953-1987)

Il 4 settembre 1987 il presidente brasiliano José Sarney in uno storico annuncio comunicò che centri di ricerca nazionali erano riusciti a sviluppare l’arricchimento dell’uranio attraverso il processo di ultracentrifugazione. La notizia sorprese la comunità internazionale. Il Brasile, paese che si opponeva al Trattato di Non Proliferazione di Armi Nucleari e aveva all’epoca ambizioni per sviluppare esplosivi nucleari per finalità “pacifiche”, riuscì a controllare un aspetto fondamentale della filiera di produzione di combustibile nucleare utile per obiettivi pacifici e militari. Con l’obiettivo di integrare i più recenti studi sul ruolo dei paesi del Sud Globale nell’ordine nucleare durante la Guerra Fredda, il presente lavoro discuterà gli sforzi brasiliani per raggiungere la capacità di arricchire uranio. Basato su documenti recentemente resi disponibili in Brasile, Germania, Stati Uniti e su interviste di storia orale, l’articolo presenterà il cammino intrapreso dal paese latino-americano per sviluppare la tecnica di separazione isotopica dell’uranio tra il 1953 e il 1987. Lo studio darà particolare attenzione agli anni Settanta, quando il Brasile adottò una politica nucleare autonoma volta a resistere a pressioni e limiti posti dai paesi che promuovevano il regime di non proliferazione nucleare.


Note curriculari dei partecipanti

  • Giuliano Garavini, attualmente è Senior Research Fellow in the Humanities ad NYU Abu Dhabi. Si è interessato prevalentemente di storia dell’integrazione europea, di decolonizzazione e di storia dell’energia e del petrolio. È autore, tra le altre cose, di “After Empires: European Integration, Decolonization and the Challenge from the Global South” (Oxford University Press, 2012); ha recentemente curato assieme ad altri colleghi “Oil Shock. The 1973 Crisis and its Economic Legacy” (IB Tauris, 2016), e “Counter-Shock. The Oil Counter-Revolution of the 1980s” (IB Tauris, 2018). Il suo ultimo libro, “The Rise and Fall of OPEC in the Twentieth Century”, uscirà a Luglio per Oxford University Press.
  • David Burigana, Professore associato di Storia delle Relazioni Internazionali, Qualifié Professeur des Universités Section 22 Histoire moderne et contemporaine France, e membro del Consiglio Direttivo del CISAS Centro Studi e Ricerche Aerospaziali “Giuseppe Colombo” (Università di Padova), Work Package leader per la Space Diplomacy nel progetto Horizon2020 InsSciDE sulla Science Diplomacy, capo unità PRIN 2019, autore di diversi articoli e capitol di volume su cooperazione aeronauica, degli armament e spaziale, su archive privati e pubblici in Europa e negli USA; suo ultimo articolo “Air, space and techno-scientific innovation in Italian foreign policy during the 1970s and 1980s”, in A. Varsori, B. Zaccaria (eds.), Italy in the International System from Détente to the End of the Cold War. The Underrated Ally, Palgrave, 2017; curator con Christine Bouneau, Experts and Expertise in Science and Technology in Europe since the 1960s. Organised Civil Society, Democracy and Political Decision-making, BRUSSELS, PIE-Peter Lang, 2018.
  • Giordana Pulcini, Assegnista di ricerca e docente a contratto di Storia delle relazioni tra l’Europa e gli Stati Uniti presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre. Dal 2011 ha coordinato l’organizzazione della Scuola estiva (Nuclear History Boot Camp) del Nuclear Proliferation International History Project (NPIHP). Le sue recenti pubblicazioni sono: Sicurezza, Equilibrio e Vulnerabilità. Il controllo degli armamenti strategici negli Stati Uniti alla fine della distensione, Mondadori Università, Milano, 2018; “Nuclear Superiority in the Age of Parity”, con Niccolò Petrelli, International History Review, 40.5 (2018), “An ounce of prevention – a pound of cure? The Reagan Administration’s non-proliferation policy and the Osirak raid”, con Or Rabinowitz, in via di pubblicazione sul Journal of Cold War Studies.
  • Leopoldo Nuti (Siena, 1958), dal 2000 è professore ordinario di Storia delle relazioni internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre, dove è Coordinatore del curriculum in Studi europei e internazionali del Dottorato in Scienze Politiche. Dal 2010 è co-direttore del Nuclear Proliferation International History Project, e dal 2018 è Direttore della Rivista italiana di storia internazionale. Dal 2014 al 2018 è stato Presidente della Società italiana di storia internazionale. Tra le sue pubblicazioni, L’esercito italiano nel secondo dopoguerra, 1945-1950. La sua ricostruzione e l’assistenza militare alleata, (Roma: Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, 1989), I missili di ottobre. La storiografia americana e la crisi cubana del 1962 (Milano: LED, 1994), Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra. Importanza e limiti della presenza americana in Italia (Roma: Laterza, 1999), La sfida nucleare. La politica estera italiana e la armi atomiche durante la guerra fredda, 1945-1991, (Bologna: Il Mulino 2007) e, come curatore, The Crisis of Detente in Europe. From Helsinki to Gorbachev, 1975-1985 (London: Routledge, 2008) e insieme a Frédéric Bozo, Marie Pierre Rey e Bernd Rother, The Euromissiles Crisis and the End of the Cold War (Stanford: Stanford U. Press, 2015). Nel 2018 ha curato, insieme a David Holloway, Aspects of the Global Nuclear Order in the 1970s, un numero tematico della International History Review.
  • Carlo Patti insegna Storia delle relazioni internazionali e politica estera brasiliana presso l’Universitá Federale di Goiás (UFG), in Brasile. È dottore di ricerca in Storia delle relazioni internazionali (Università di Firenze, 2012) e coordina il progetto di ricerca “Global Nuclear Vulnerability” per il quale ha ottenuto dalla British Academyla Newton Advanced Fellowshipper il periodo 2015-2017. L’oggetto principale delle sue ricerche è la storia del programma atomico brasiliano negli ultimi settant’anni e del ruolo del Brasile nel regime di non proliferazione nucleare. Ha pubblicato articoli sull’argomento sulla Revista Brasileira de Relações Internacionais, International History Review, Il Politico, Meridiano 47, Limes eCold War History. È autore de “O programa nuclear brasileiro: uma história oral” (“Il programma nucleare brasiliano: una storia orale”) pubblicato dall’editrice FGV nel 2014. Sta completando la stesura del libro “Brazil in the Global Nuclear Order,” frutto delle ricerche realizzate durante gli studi dottorali e post-dottorali. Attualmente è visiting fellow presso l’Università di Cagliari.