Presidente e Discussant: Marzia Casolari, Università di Torino.
Relatori:
- Marzia Casolari, Università di Torino, Una rilettura storica del nazionalismo arabo: conoscere il passato per comprendere il presente;
- Massimo Ronzani, Università di Padova, Il ruolo delle comunità locali e del fronte siriano nella crisi di Alessadretta (1936-1939);
- Francesco Brunello Zanitti, Istituto in Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, Il “Nuovo Medio Oriente” e le influenze dell’orientalismo sull’immaginario occidentale;
Abstract
A partire dagli anni ’90 del Novecento è andata affermandosi da parte della cultura politica dei paesi egemoni occidentali una visione del Medio Oriente come intrinsecamente diviso in comunità religiose ed etniche e in gruppi tribali: si è descritta questa parte del mondo come primitiva e naturalmente votata al conflitto, pertanto politicamente instabile proprio perché divisa in sette, tribù, fazioni, partiti. Per un’erronea inferenza si attribuiscono al passato politico del Medio Oriente le stesse caratteristiche del presente. In questo modo si ignorano le cause, l’evoluzione storica e politica durata oltre un secolo, che hanno determinato la situazione attuale. Si semplifica una complessità composta da fenomeni di carattere economico, sociale e politico e da responsabilità che non ricadono solo sugli “arabi”, ma anche sui dominatori, ottomani prima e occidentali in seguito, coloniali e post-coloniali. Riproducendo questo cliché, chi oggi si pone il problema di “riordinare” il Medio Oriente, propone soluzioni territoriali e politiche fondate sulle etnie e sulle comunità religiose. Questa visione del Medio Oriente si basa su un fraintendimento della storia, che non consente di comprendere una serie di eventi che hanno visto la mobilitazione trasversale delle comunità religiose (sunniti, sciiti, alawiti, cristiani e talvolta ebrei), di componenti di diversa origine, provenienti dalla Siria, dalla Mesopotamia, dall’Egitto. Fu il caso senz’altro della Grende rivolta araba del 1916-18 e del governo di Damasco, guidato da Feysal I, della rivolta irachena, o Grande Rivoluzione irachena del 1920, contro gli inglesi, o della Grande rivolta siriana, antifrancese, del 1925-1926. Significativamente, la storiografia, sia araba che occidentale, sul nazionalismo arabo delle origini è fiorita tra gli anni ’60 e i primissimi anni ’90. Questa storiografia ha consentito non solo di ricostruire la formazione dei gruppi socio-economici ed etnici che hanno costituito il primo nazionalismo arabo, ma anche di comprendere sia il complesso rapporto tra arabi e ottomani, sia l’impatto che la colonizzazione anglo-francese ha avuto rispetto alla nascita del nazionalismo, ma anche rispetto all’emergere delle fazioni, soprattutto in relazione al perseguimento di interessi contrapposti, ovvero un rapporto privilegiato con i colonizzatori o, viceversa, la liberazione dalla dominazione coloniale. Al tempo stesso, si affronterà il problema dei vuoti storiografici riguardanti il nazionalismo arabo delle origini, dovuti soprattutto al carattere incompiuto degli studi, che si sono pressoché fermati, appunto, all’inizio degli anni ’90.
Questo panel innanzitutto propone una ricostruzione, attraverso la storiografia esistente, dei processi unificanti all’interno del nazionalismo arabo delle origini, allo scopo di dimostrare che le divisioni e il settarismo non hanno caratterizzato in modo significativo la storia del Medio Oriente almeno fino alla fine degli anni ’20 del Novecento. L’analisi approfondita di un caso studio, riguardante la questione di Alessandretta mette in luce il ruolo svolto dalle eterogenee comunità non turche/turcofone nello scontro tra la componente kemalista e quella arabo siriana e le dinamiche attraverso le quali le istanze autonomiste e filo-siriane di queste comunità siano state sopraffatte dall’egemonia turca. Infine, si cercherà di dimostrare come l’attuale visione del Medio Oriente come intrinsecamente settario, diviso e conflittuale continui a essere ispirata dall’orientalismo e come questo retaggio abbia permeato le scelte di politica estera, in particolare statunitensi, nel lungo periodo.
Interventi
Marzia Casolari: Una rilettura storica del nazionalismo arabo: conoscere il passato per comprendere il presente.
La visione comunemente diffusa oggi del Medio Oriente come diviso in comunità, gruppi religiosi, tribù e formazioni politiche, per lo più radicali, in lotta fra loro, contrasta con una serie di processi ed eventi storici, anche di notevole rilevanza, il cui studio ha dimostrato come queste componenti variegate, almeno fino a una certa epoca collocabile, con qualche eccezione, intorno alla metà degli anni ’20 del Novecento, abbiano concorso all’esperienza del nazionalismo arabo. Questo paper propone una ricostruzione storica di processi ed eventi particolarmente significativi, che hanno visto la mobilitazione congiunta di arabi provenienti da ogni angolo del Medio Oriente, a prescindere dal credo religioso. Basti pensare che il nucleo originario del nazionalismo arabo, alla fine del XIX secolo, era rappresentato da cristiani libanesi. Si cercherà di mettere in luce i vuoti storiografici che tuttora persistono in relazione a questa fase del nazionalismo arabo, nonostante gli studi di storici di primo piano come, per citarne solo alcuni, Albert Hourani, Hanna Batatu, Philip Khoury, Rashid Khalidi, Ussama Makdisi. Una rilettura della storia del Medio Oriente focalizzata sulle esperienze unificanti del nazionalismo arabo può essere utile non solo per comprendere simili spinte che, nonostante tutto, ancora oggi persistono nel Mondo Arabo, ma forse a offrire nuove prospettive anche in relazione all’attuale politica mediorientale.
Massimo Ronzani: Il ruolo delle comunità locali e del fronte siriano nella crisi di Alessadretta (1936-1939).
Nel 2011 Sarah Shileds ha sottolineato come i nazionalisti arabi furono vittime nel Sangiaccato di Alessandretta dell’irredentismo kemalista e degli interessi strategici francesi (Sarah D. Shields, Fezzes in the River: Identity Politics and European Diplomacy in the Middle East on the Eve of World War II, Oxford University Press). La relazione vuole approfondire la questione analizzando le vicende che coinvolsero le comunità “non turche/turcofone” presenti in questa regione, come quella alauita o armena. Queste comunità, pur diverse sul piano culturale, religioso e linguistico, cercarono di far fronte comune contro l’annessione turca. La regione divenne luogo di scontro tra due nuovi elementi, quello turco kemalista e quello arabo siriano, quest’ultimo particolarmente attivo grazie all’opera della Lega di Azione Nazionale di Zaki al-Arsuzi. Attraverso i censimenti e le elezioni condotte sotto la supervisione della Società delle Nazioni, le comunità locali si schierarono liberamente e in maggioranza a favore di una parziale autonomia della regione, all’interno della futura Repubblica araba siriana. Furono le forti pressioni politiche e militari kemaliste, con il beneplacito francese, e non le divisioni interne del fronte arabo nazionalista locale, che consegnarono la regione ad Ankara.
Francesco Brunello Zanitti: Il “Nuovo Medio Oriente” e le influenze dell’orientalismo sull’immaginario occidentale.
La considerazione occidentale del Medio Oriente è stata influenzata nel corso della storia da una visione ancorata ad alcuni canoni riconosciuti come essenziali e immutabili nel tempo. Tale rappresentazione ha comportato una descrizione della regione come intrinsecamente settaria, divisa e faziosa, composta da Stati intesi come entità artificiali, e ha influenzato la gestione degli affari internazionali da parte dei principali attori occidentali (Regno Unito, Francia, Stati Uniti) fino ai giorni nostri. La divisione di territori, gli spostamenti di popolazioni, gli interventi militari e l’idea che determinate aree fossero fondamentalmente identificabili con una religione, una setta o una lingua specifica seguirono tale logica. Il paper intende dimostrare come le volontà di “mappare” e immaginare il Medio Oriente siano influenzate dall’orientalismo. Se il passato della regione è stato interpretato utilizzando il cliché semplificatorio della divisione in etnie e religioni, anche i tempi recenti vengono spesso spiegati attraverso la considerazione di un territorio essenzialmente diviso in gruppi settari in perenne conflitto tra loro, utilizzando la figura retorica della “balcanizzazione”. Questa lettura ha fornito la giustificazione per un interventismo occidentale (in particolare americano) inteso come mutamento storico decisivo e salvifico. Gli attori del Medio Oriente, infatti, tendenzialmente inaffidabili, sarebbero stati incapaci di garantire pace, progresso e stabilità per i loro stessi territori. Questa narrativa relativa all’inaffidabilità di determinate popolazioni è simile a quella utilizzata dall’orientalismo britannico per spiegare il rapporto tra Londra e i territori afro-asiatici controllati dall’impero. A tal proposito sarà utilizzato come caso di studio la volontà di “mappare” il Medio Oriente da parte dell’amministrazione americana dopo l’11 settembre e in particolare nel periodo precedente all’intervento in Iraq nel 2003. La lettura semplificata di un determinato territorio, l’idea della “democrazia” come elemento esportabile e l’interpretazione dell’Iraq come “entità artificiale” o “fallita” del Medio Oriente contribuirono a favorire l’intervento militare statunitense. La politica estera di Washington ha pertanto utilizzato, per soddisfare interessi politici ed economici nella regione, una narrazione orientalistica del Medio Oriente, inteso come fazioso, settario e tribale e, proprio per questo, facilmente rimodellabile.