Presidente: Barbara Onnis, Università degli Studi di Cagliari.
Discussant: Federico Scarano, Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’
Relatori:
- Roberto Ibba, Università di Cagliari, Fare pace con la Storia. La Public History come campo di mediazione tra falsi, invenzioni, fake news, uso politico e costruzioni identitarie;
- Gian Lorenzo Zichi, Università di Cagliari, La dimensione dell’informazione all’interno del Processo di Helsinki. Tra contrapposizione e cooperazione
- Christian Rossi, Università di Cagliari, Influenze esterne e propaganda: il governo britannico nei due referendum sull’Europa del 1975 e del 2016
- Federico Mariano Giuntini, Università di Cagliari, La dottrina del soft power russo. Radici, evoluzione e ruolo dei mezzi di informazione, da RT a Sputnik.
Abstract
Il panel intende riportare gli esiti (in itinere) di una ricerca biennale finanziata dalla Fondazione di Sardegna dal titolo “Soft Power of the Press, Media and Internet over the International and Domestic policies of the States” (annualità 2017), che ha visto coinvolti numerosi componenti di diversi ambiti scientifico disciplinari del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Cagliari.
La ricerca si inserisce nel campo di studio, oramai decennale, del dibattito sul soft power, parte integrante della diplomazia culturale, che è a sua volta una delle componenti chiave della diplomazia pubblica. Scopo principale della ricerca è di analizzare il ruolo della stampa, dei media e dei nuovi social media in generale, nella politica degli Stati e delle loro relazioni internazionali, la loropossibile influenza nei processi decisionali e nella percezione dell’opinione pubblica su questioni specifiche (immigrazione, Brexit, ruolo UE, percezione della RPC, tanto per citare alcuni esempi).Partendo da un approccio storico, a partire dalla politica di propaganda, un’attenzione particolare è stata dedicata all’attuale fenomeno delle fake news. Il fenomeno delle notizie falsate non è certamente nuovo, ma sicuramente le tecnologie odierne hanno contribuito ad amplificarne, in modo esplicito, sia la portata sia la diffusione. Un recente rapporto di Freedom House (ottobre 2018) sulla libertà nel web evidenzia come la diffusione delle fake news costituisca oggigiorno una delle principali modalità di influenza sull’opinione pubblica, in grado di determinare risultati elettorali, scelte economiche e sociali. Lo scandalo di Cambridge Analytica ha inoltre evidenziato come l’utilizzo dei dati privati, lasciati sul web dagli utenti, in maniera o meno consapevole, possa avere fini politici e commerciali.
La ricerca è stata condotta mediante l’utilizzo di casi studio in contesti molto diversi, a dimostrazione del fatto che il fenomeno non conosce confini, né di natura geografica né tantomeno di natura politico-ideologica. Un aspetto importante sul quale ci si è soffermati nell’analisi dei vari contesti è stato l’uso governativo dei dipartimenti/ministeri per l’informazione (in alcuni casi propaganda) dei diversi governi (due esempi per tutti, il Central Office of Information del Regno Unito; il Dipartimento della Propaganda della RPC).
L’articolazione del panel rispecchia l’articolazione della ricerca e prevede 8 interventi distribuiti di fatto su due panel.
Interventi
Roberto Ibba: Fare pace con la Storia. La Public History come campo di mediazione tra falsi, invenzioni, fake news, uso politico e costruzioni identitarie
La Public History si sta affermando sul contesto italiano ed europeo, sulla scia della tradizione nordamericana, sia dal punto di vista metodologico, sia da quello applicativo. Il Manifesto della Public History italiana fissa tra i pilastri della disciplina «il contrasto degli “abusi della storia”, ovvero le pratiche di mistificazione sul passato finalizzate alla manipolazione dell’opinione pubblica». In questo intervento si intende indagare, anche attraverso alcuni casi di studio che vanno dall’età moderna a quella contemporanea, sul rapporto tra eventi storici, uso pubblico della disciplina storica e utilizzo distorto della storia da parte delle organizzazioni politiche.
Gian Lorenzo Zichi: La dimensione dell’informazione all’interno del Processo di Helsinki. Tra contrapposizione e cooperazione
Nella sua poliedricità di temi, la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE) riservò una certa attenzione anche al tema dell’informazione inteso nella sua accezione più ampia, quale parte della human dimension del terzo cesto. In questa sede, si intende ricostruire il dibattito sviluppatosi all’interno del Processo di Helsinki negli ultimi cinque lustri della guerra fredda, sulla base delle evidenze offerte dalla documentazione conservata presso gli archivi CSCE/OSCE (Prague), arricchita da ulteriori materiali reperiti presso altri complessi archivistici (segnatamente NATO Archives, Brussels e The National Archives, Kew, UK). L’analisi in oggetto offre uno spacco di come il tema dell’informazione anche in sede multilaterale abbia rappresentato un teatro di scontro ideologico e politico nel periodo della guerra fredda, ma consente altresì di riflettere su alcuni approcci generali alla questione della libera circolazione delle informazioni, del suo impatto nelle relazioni tra gli stati la cui rilevanza risulta chiara anche nello scenario internazionale odierno.
Christian Rossi: Influenze esterne e propaganda: il governo britannico nei due referendum sull’Europa del 1975 e del 2016
La comprensione degli eventi che hanno portato al Referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, svolto a giugno 2016, può essere compreso nel pieno della sua portata se analizzato in un periodo storico maggiore, a partire dall’ingresso del Regno Unito nella CEE nel 1972, anche analizzando l’altro referendum simile a quello del 2016, svoltosi nel 1975. È importante analizzare la situazione politica del 1975 e quella del 2015 per capire quanto la stampa abbia influenzato l’opinione pubblica e quanto il Governo e i votanti, soprattutto nel 2016, si siano fatti influenzare o abbiano agito dietro alle pressioni di notizie non verificate che hanno avvelenato la campagna elettorale referendaria.
Federico Mariano Giuntini: La dottrina del soft power russo. Il ruolo dei mezzi di informazione a target internazionale
Il ricorso al soft power, inteso come la capacità di influenzare gli attori globali mediante l’attrazione piuttosto che con la coercizione, ha assunto un peso crescente nella dottrina geopolitica russa contemporanea. Il concetto fu assunto dagli strateghi russi, come strumento nei confronti dell’“estero vicino” e dei “compatrioti” all’estero, in seguito alle cosiddette “rivoluzioni colorate” nello spazio post-sovietico (2003-2005), che evidenziarono una progressiva perdita di influenza di Mosca. Successivamente al conflitto georgiano del 2008 e a una postura occidentale percepita come pregiudizialmente ostile, il target della dottrina del soft power russo venne allargato all’intero scenario globale, al fine di accrescere l’ascendente di Mosca sull’opinione pubblica estera. Un ruolo peculiare è stato riservato ai due principali vettori dell’informazione russa rivolta al pubblico internazionale: RT e Sputnik. Ponendosi, specie in seguito alla crisi ucraina del 2014, come espressione di un sistema valoriale e di un modo di concepire le relazioni internazionali alternativi rispetto a quelli occidentali, RT e Sputnik si sono progressivamente affermati come un riferimento per il pubblico scontento verso lo stauts quo globale e, quindi, come un efficace strumento del soft power russo, attirando nondimeno crescenti accuse di costituire mezzi di propaganda finalizzati alla diffusione di notizie false con fini politici.
Note curriculari dei partecipanti
- Barbara Onnis, professore associato in Storia e Istituzioni dell’Asia presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Cagliari, dove insegna Contemporary China e Lingua Cinese II.Dal 2017 è coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali e dal 2016 referente scientifico dell’Aula Confucio dell’Università degli Studi di Cagliari. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla strategia usata dalla Cina negli ultimi decenni per tentare di recuperare il terreno perduto nell’ambito delle relazioni internazionali durante il cosiddetto ‘secolo di vergogna e umiliazione’; all’elaborazione di un soft power con caratteristiche cinesi e la conseguente nascita di un “modello Cina”; al dibattito accademico e intellettuale relativo al ruolo che una Cina in crescita dovrebbe giocare sulla scena internazionale, con particolare riferimento alla continua valenza della tradizionale dottrina della non-interferenza e all’opportunità di adottare o meno un nuovo approccio più pro-attivo. È autrice di numerose pubblicazioni in italiano e in inglese.
- Federico Scarano, professore associato di Storia delle Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche, alcune anche in lingua tedesca. Tra i suoi lavori uno studio delle relazioni diplomatiche tra l’Italia fascista e la Repubblica di Weimar che ha ottenuto riconoscimenti anche all’estero. I suoi ultimi studi hanno affrontato il problema dell’Alto Adige – Sudtirolo tra l’Italia ed il mondo tedesco, in particolare riguardo alle opzioni dei sudtirolesi nel 1939, e il ruolo di Antonio Segni nell’integrazione europea. Si è inoltre occupato della storia del difficile rapporto tra la Repubblica Federale di Germania ed Israele.
- Roberto Ibba, dottore di ricerca in Storia moderna e contemporanea presso l’Università di Cagliari, con una tesi sulla storia della Baronia di Monreale. Collabora con le cattedre di Storia moderna, Storia contemporanea e Storia delle dottrine politiche presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Cagliari, dove è co-organizzatore del laboratorio di Public History. Nel 2016 ha vinto il premio di ricerca “Emilio Sereni” promosso dall’Istituto Alcide Cervi di Gattatico (RE) per uno studio sui paesaggi mediterranei.I temi di ricerca prevalenti sono la storia del paesaggio agrario, la storia dell’agricoltura, lo studio delle élites locali, con uno sguardo che parte dalla Sardegna e si allarga sul contesto Mediterraneo.
- Gian Lorenzo Zichi, dottorando in Storia, Beni Culturali e Studi Internazionali presso l’Università degli Studi di Cagliari. Tra i suoi interessi di ricerca figurano i temi relativi alla sicurezza nel Mediterraneo, con una particolare attenzione al ruolo assunto in esso delle maggiori organizzazioni internazionali di sicurezza – quali la CSCE/OSCE e la NATO. Ha seguito altresì l’evoluzione dell’approccio europeo e degli stati e quelli riguardanti le linee di politica estera dei paesi europei prospicienti il bacino rispetto al tema delle migrazioni. Al momento lavora al suo progetto di ricerca dal titolo: ‘Una centrale perifericità.Il Mediterraneo e le organizzazioni regionali di sicurezza negli anni Settanta e Ottanta.
- Christian Rossi, professore associato di Storia delle Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Cagliari, ove insegna Storia dell’Integrazione Europea (Corso di Laurea in Scienze Politiche) eEuropean Integration (Corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali). Dal 2018 è Vice Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali e dal 2015 Referente Erasmus. I suoi interessi di ricerca abbracciano la storia dell’integrazione europea, la politica estera britannica e la politica degli Stati Uniti nell’area del Mediterraneo. Autore di numerose pubblicazioni in italiano e in inglese.
- Federico Mariano Giuntini, dottorando in Storia, Beni culturali e Studi Internazionali – percorso: Studi d’Area e Relazioni Internazionali – presso l’Università degli Studi di Cagliari, con un progetto dal titolo: “Fratture regionali e dinamiche geopolitiche nello spazio post-sovietico. I casi abcaso e sud-osseto e l’evoluzione del ruolo russo nel sistema delle relazioni internazionali”.