Panel 1 – La dimensione internazionale delle culture politiche. Antiamericanismo e antieuropeismo: 1945-2000.

Presidente: Antonio Varsori, Università di Padova.

Discussant: Elena Dundovich, Università di Pisa.

Relatori:

  • Andrea Guiso, Sapienza Università di Roma, e Valentine Lomellini, Università di Padova, L’antiamericanismo nell’Italia della guerra fredda;
  • Daniele Pasquinucci, Università di Siena, Le origini storiche dell’antieuropeismo in Italia e in Francia;
  • Michele Brunelli, Università di Bergamo, Antieuropeismo ed antiamericanismo in Iran: 1945-2005;

Abstract

Molti sono i partiti politici, i movimenti e le correnti intellettuali ad aver fatto di una concezione d’opposizione il proprio vessillo ideologico. Durante la Guerra Fredda, il concetto di “porsi contro”, di “farsi antagonista” era, in maniera del tutto transnazionale ed internazionale, uno degli strumenti principe della dialettica politica. Nelle stesse fila dell’Occidente, parte della società civile, soprattutto nelle sue frange più giovani, si poneva contro le stesse idee e condotte di politica estera, economica o sociale, propugnate dai propri governi: dai movimenti di protesta anche non violenti, sino a giungere a forme – sebbene minoritarie – estreme autonome o eterodirette, quali quelle del brigatismo o della lotta armata nelle sue varie accezioni europee (Action Directe, Rote Armee Fraktion ecc.). Ciò risultava particolarmente evidente negli Stati Uniti e nell’Europa Occidentale, soprattutto in chiave pacifista, con i movimenti contro la Guerra del Vietnam, per citare solo uno dei primi casi di contrapposizione collettiva occidentale verso le azioni di politica estera statunitense, o di opposizione allo schieramento di armi non convenzionali sul proprio territorio-santuario.

In Francia ed in Italia, rispettivamente la nazione meno e più “atlantica”, sentimenti antiamericani andavano alternandosi a posizioni di profonda critica antieuropea. Questi ultimi, soprattutto a partire dagli anni Cinquanta, iniziarono ad evidenziare una opposizione, se non una vera e propria ostilità, verso un’idea di integrazione sovranazionale che stava prendendo sempre più piede. Su questo tema interverrà Daniele Pasquinucci, con l’intento di valutare se e come questa tradizione antieuropeista sia transitata, oggigiorno, in una dimensione sempre più euroscettica. L’approccio cronologico all’euroscetticismo come metodologia d’analisi di Pasquinucci è altresì condiviso da Valentine Lomellini e Andrea Guiso nello studio della nascita e dello sviluppo di un altro sentimento di contrasto: l’antiamericanismo in Italia. Questo considerato quale trait-d’union tra le diverse culture politiche fortemente condizionate dalla contrapposizione bipolare, che in un certo senso va “istituzionalizzandosi” entro una dimensione partitica (leggasi prevalentemente quella facente capo al Partito Comunista Italiano), sino ad una più spontanea che permeerà parte della società civile.

L’antieuropeismo e l’antiamericanismo sono sentimenti che varcano i confini strettamente geografici dell’Occidente e giocoforza trovano rilievo ed una loro precipua collocazione in una dimensione culturale che risente dell’epoca della decolonizzazione, della lotta ideologica, inserita in un contesto sì bipolare, ma anche di ambizioni di Terza Via. Così sarà in Africa ed in Asia, nelle sue propaggini sud-orientali, indiane, così come in uno dei paesi più dicotomici della parte occidentale di questo continente: l’Iran, nel quale un sentimento inizialmente filo-americano si contrapporrà a sentimenti antibritannici, sino a mutare in un acceso antiamericanismo che diverrà icona e strumento antioccidentale. Della propaganda più propriamente antieuropea, ovvero antioccidentale ed antiamericana tratterà l’intervento di Michele Brunelli, durante il quale cercherà di individuare gli elementi principali della narrativa, così come della loro evoluzione, nell’ultimo sessantennio della storia iraniana.


Interventi

Andrea Guiso e Valentine Lomellini: L’antiamericanismo nell’Italia della guerra fredda, Andrea Guiso e Valentine Lomellini

A dispetto del suo carattere trasversale e persistente, l’antiamericanismo non ha ancora acquisito un rilievo specifico nella dimensione interpretativa della storia italiana negli anni della Guerra Fredda. La difficoltà nell’attribuirgli valenza euristica più generale risiede nel suo essere a un tempo strumento idealtipico d’analisi e fenomenologia dalle molteplici e complesse matrici politiche, culturali, sociali. La storia dell’antiamericanismo è dunque sempre, in qualche modo, storia del discorso intellettuale e delle sue finalità. Muovendo da questa consapevolezza, e con particolare attenzione al nesso tra la dimensione politica e quella culturale di più lungo periodo, gli autori intendono discutere il ruolo che il discorso antiamericano ha avuto nell’Italia della guerra fredda, elaborando una mappa dei suoi filoni principali e un primo tentativo di periodizzazione. Dentro questa cornice verrà posta particolare attenzione a due aspetti tra loro fortemente intrecciati: l’antiamericanismo come ‘ponte’ tra le culture politiche in un contesto strutturalmente condizionato dai vincoli politici esterni imposti dalla logica bipolare; il tema del suo progressivo scivolamento da una dimensione organizzativa ‘allogena’ (legata prevalentemente alla politica internazionale del PCI e alla politica di potenza sovietica in Europa) a una dimensione endogena e spontanea, espressione delle nuove sensibilità emerse nella società e nella cultura italiane a partire dagli anni Sessanta sia in relazione ai temi della guerra e della pace che ai valori e al significato della modernità.

Daniele Pasquinucci: Le origini storiche dell’antieuropeismo in Italia e in Francia

La “critica all’Europa” ha origini storiche che vanno ben oltre la stagione dell’europeizzazione che si apre con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, spesso semplicisticamente assunta come punto di partenza della contestazione euroscettica. Questa “cronologia” è un elemento fondamentale per la costruzione di categorie concettuali generali (a-storiche) alle quali ricondurre il fenomeno dell’opposizione all’integrazione europea. Essa rende possibile sottrarsi all’analisi della sedimentazione storica dei fattori che hanno consentito l’affermazione e la diffusione dell’antieuropeismo. Allo stesso tempo, quei fattori rimandano sovente alle storie nazionali, e la loro formazione può persino precedere la nascita delle prime Comunità europee, oppure la partecipazione ad esse dei singoli paesi. In questo quadro, l’analisi sul piano nazionale deve necessariamente precedere il tentativo di elaborare interpretazioni complessive. A questo riguardo, la comparazione tra la Francia e l’Italia dagli anni Cinquanta fino alla fase pre-Maastricht, può costituire una prospettiva interessante per verificare gli elementi di analogia e le specificità nella genesi, nello sviluppo e nella diffusione dei rispettivi “antieuropeismi”. Sia la Francia che l’Italia hanno oggi soggetti politici (di varia natura) che criticano severamente l’UE. Entrambi paesi fondatori della Comunità, Francia e Italia sin dagli anni Cinquanta hanno sperimentato la presenza di partiti / movimenti / gruppi / personalità ostili all’integrazione sovranazionale. Il problema specifico su cui intendo soffermarmi nell’intervento al panel è se questa “tradizione antieuropeista”, storicamente determinatasi, si sia trasferita nell’attuale propaganda “euroscettica”, oppure se quest’ultima non sia la conseguenza indesiderata (e inattesa) del modo in cui le classi dirigenti francesi e italiane hanno, nel tempo, concepito, applicato e narrato l’europeismo. Siffatta questione sorge dai risultati di una ricerca sul modo in cui il “vincolo europeo” è stato usato per spiegare i benefici dell’adesione italiana alla CE/UE.  

Michele Brunelli: Antieuropeismo ed antiamericanismo in Iran: 1945-2005

La rivoluzione iraniana, di cui quest’anno si celebra il quarantesimo anniversario, ha rappresentato l’archetipo dell’antiamericanismo nell’area del Golfo. Se, storicamente, parte della popolazione iraniana e del suo governo avevano a più riprese dimostrato una certa diffidenza verso il Governo di Londra e di San Pietroburgo, trasformatasi poi in veri e propri sentimenti antibritannici e soprattutto antirussi, più che antieuropei tout-court, allo stesso tempo, in epoca tardo-qajara, avevano mostrato molte simpatie per gli Stati Uniti, considerata la potenza anti-colonialista par excellence. Il desiderio, mascherato da necessità, per la modernizzazione, la quale diveniva sinonimo di Occidente, da parte di Reżā Khan e l’acceso americanismo del figlio, Moḥammad, spinsero alcune frange politiche iraniane, tra le quali la più influente fu senza dubbio il Jebha-ye Mellī (Fronte Nazionale) a contrastare con veemenza la pesante influenza britannica nell’economia e nella politica del paese. La retorica antibritannica giocò un ruolo importante nell’esaltazione dei valori nazionali. Fu, quella dei seguaci di Mossadeq una vittoria temporanea, che perdurò lo spazio d’un anno o poco più, sino al ristabilimento dello status quo con il colpo di Stato del 1953. L’ affondo portato dallo Šāh nei confronti della componente religiosa – o almeno nella sua parte non quietista – attraverso la spoliazione dei beni di manomorta – e la conseguente dura presa di posizione verso un supposto attacco all’Islam da parte dell’Ayatollah Khomeynī ruppero il delicato equilibrio che si era instaurato tra la Corona ed i Mullah. Khomeynī prese a pretesto l’eccessivo servilismo del sovrano nei confronti di Washington ed iniziò ad utilizzare l’antiamericanismo quale strumento indiretto per attaccare la dinastia Pahlavi, che presto andrà permeandosi di tinte anti-occidentali e quindi anche anti-europee, trasformando gli Stati Uniti da primo alleato dell’Iran nel Male Supremo. La propaganda giocherà molto sulla dialettica bene/male, riportando in auge la mitologia che era andata plasmandosi a Karbala nel 680. Da allora, attraverso slogan e motti, immagini, murales, l’antiamericanismo, che è andando fondendosi con l’ideologia rivoluzionaria, è entrato a far parte nella dialettica e nella retorica del regime, così come in una ritualità che ha trovato il suo punto più esasperato nella presidenza Ahmadinejad, ma che sembra oggi non incontrare altrettanto plauso da parte di una popolazione sempre più giovane e meno impegnata politicamente e che volge il proprio sguardo verso una dimensione internazionale.


Note curriculari dei partecipanti

  • Antonio Varsori è titolare della cattedra “Jean Monnet” di Storia dell’integrazione europea presso l’Università degli Studi di Padova, Presidente della Società Italiana di Storia Internazionale nonché membro del Comitato per la Pubblicazione dei Documenti Diplomatici Italiani del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ha tenuto lezioni in diverse istituzioni italiane ed europee, è associate fellow del Cold War Study Centre della London School of Economics e Membro associato del centro “IDEAS” della medesima Università; dal 2011 collabora con la School of Government dell’Università Luiss a Roma. È inoltre presidente del “groupe de liaison des historiens de l’Europe contemporaine auprés la Commission Européenne”; membro del comitato scientifico di riviste storiche di livello internazionale quali The Journal of European Integration History, Cold War History, Europa Europe e 49th Parallel. È membro fondatore del “Seminario di Storia internazionale dell’età contemporanea” nel quadro della “Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea (SISSCO).
  • Valentine Lomellini: (Ph.D in Political Systems and Institutional Change) è Professore associato in Storia delle relazioni internazionali presso il Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e Studi internazionale ove insegna “Storia delle relazioni internazionali”, “History of International Relations”, “Terrorism and Security in International History” E’ tutor e docente presso la Scuola Galileiana di Studi superiori, ove insegna “Political Movements and Italian Terrorism in the 20th Century”. E’ stata Visiting Professor presso la Wien Universität e Visiting Scholar presso l’Università della Sorbona, Affiliated Researcher del Centrum voor Parlementaire Geschiedenis della Radboud Universiteit, membro del progetto europeo COwaSO (Cold War and Society) dell’Institut für Zeitgeschichte (Wien Universität), e Affiliated Researcher dello European Protest Movement Network (Heidelberg Universität). Per i suoi studi, ha ottenuto la Medaglia del Presidente della Repubblica ed il Premio Simone Veil della Fundación Europea de Yuste. Ha pubblicato i volumi “L’appuntamento mancato. La Sinistra italiana e il Dissenso nei regimi comunisti, 1968-1989” (Mondadori education, 2010); “Les relations dangereuses. The French communists and socialists and the human rights issue in the Eastern countries” (Peter Lang, 2012); “La grande paura rossa. L’Italia delle spie bolsceviche, 1917-1922” (FrancoAngeli, 2015); (a cura di), “Il mondo della guerra fredda e l’Italia degli anni di piombo. Una regia internazionale per il terrorismo?” (Mondadori education, 2017). E’ autrice di saggi e articoli sulle relazioni internazionali della Sinistra italiana e francese tra gli anni Sessanta e Novanta, sulla dimensione internazionale dei movimenti sociali, sugli aspetti internazionali delle culture politiche e partitiche italiane, pubblicati su volumi e riviste italiane ed internazionali di fascia A. Attualmente, si occupa dell’impatto del terrorismo transnazionale sul sistema delle relazioni internazionali, con particolare attenzione alla cooperazione intergovernativa in chiave di sicurezza collettiva.
  • Andrea Guiso: Professore associato di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università di Roma “La Sapienza”, dove insegna “Storia politica, sociale e culturale dell’età contemporanea”. Ha conseguito l’abilitazione a professore di prima fascia in Storia contemporanea. Dirige il RUCAN (Research Unit on Conflict Analysis) presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza. È stato visiting scholar a Sciences Po e alla Brown University. Si è a lungo occupato di storia del comunismo, con particolare attenzione al nesso tra la dimensione nazionale e internazionale nella politica del partito comunista italiano. I suoi interessi di ricerca si sono poi allargati alla storia politica e istituzionale comparata, al tema dell’evoluzione storica dell’intreccio tra guerra e democrazia, alle relazioni tra potere politico e potere economico-finanziario nel contesto della globalizzazione e, più di recente, al rapporto tra intellettuali e politica internazionale nell’Italia della guerra fredda. Tra le sue pubblicazioni: La guerra di Atena. Il “luogo” della Grande guerra nell’evoluzione delle forme liberali di governo: Regno Unito, Francia e Italia, Mondadori Education, Le Monnier Milano/Firenze 2017; La colomba e la spada. “Lotta per la pace” e antiamericanismo nella politica del Partito comunista italiano (1949-1954), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007; Italian Intellectuals and International Politics (1945-1992), A. Guiso, A. Tarquini (eds.), Palgrave MacMillan, New York (in press, 2019); From Political Enemy to Profane Reality. The Friend-Enemy Relation in the Political Ideology of Italian Communists, in Delegitimation in Republican Italy 1945-2011, “Journal of Modern Italian Studies”, n. 22, january-february 2017; Declino e trasformazione dello Stato banchiere: mutamenti della costituzione materiale nella crisi politica della Prima Repubblica, in “Ventunesimo secolo”, n. 39, a. 2016.
  • Daniele Pasquinucci: Professore ordinario di Storia delle relazioni internazionali presso il Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive dell’Università di Siena e Cattedra Jean Monnet in Storia dell’integrazione europea. Dal 2007 al 2012 è stato Segretario generale dell’Associazione universitaria di studi europei. Tra le sue pubblicazioni: (a cura di, con Mark Gilbert) Euroscepticisms: The Historical roots of a political challenge, Leiden, Brill, in corso di pubblicazione (2019); (a cura di, con Lorenzo Mechi), Integrazione europea e trasformazioni socio-economiche. Dagli anni Settanta a oggi, Milano, FrancoAngeli, 2017; The Historical Origins of Italian Euroscepticism, in “Journal of European Integration History”, vol. 22, n. 2, 2016; (a cura di, con Luca Verzichelli), Contro l’Europa? I diversi scetticismi verso l’integrazione europea, Bologna, il Mulino, 2016; Euroscepticisme et abstensionnisme lors des élections européennes en Italie (1979-2014), in Martial Libera, Sylvain Schirmann e Birte Wassenberg (eds), Abstensionnisme, euroscepticisme et anti-européisme dans les élections européennes de 1979 à nos jours, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2016; (a cura di, con Daniela Preda e Luciano Tosi), Communicating Europe: Journals and European Integration 1939-1979, Berna, PIE Peter Lang, 2013; Uniti dal voto? Storia delle elezioni europee 1948-2009, Milano, FrancoAngeli, 2013